venerdì 11 marzo 2011

...anche Google sbaglia



Sto cercando di risalire ad un sito web che parlava di usabiltà dei libri di ricette,
purtroppo recentemente ho svuotato la history.
Faccio così una ricerca su Google
"interaction design libro ricette anelli" Circa 145 risultati (0,09 secondi)
inserisco allora il termine blog
"interaction design libro ricette anelli blog" Circa 598 risultati (0,05 secondi)

Ma come???
ho espressamente chiesto risultati "che contengano tutte le seguenti parole"
allora com'è possibile che mi vengano mostrati più risultati all'aumentare dei termini... non dovrebbe essere il contrario

giovedì 3 febbraio 2011

Esercizio...


Sto leggendo Simple and Usable Web di Giles Colbone (Amazon), nel terzo capitolo propone un simpatico esercizio "Semplificare un telecomando per lettori DVD", vi invito a provarlo qui e a pubblicare poi i vostri tentativi...

martedì 1 febbraio 2011

Numeri e città

Cosa succede se il nome di una città è troppo corto? La nostra riflessione questa volta è partita durante la creazione di un nuovo account di posta Windows Live. Il criterio della lunghezza è di solito applicato alle password per rendere più difficile un eventuale tentativo di bruteforce.I tool usati per gli attacchi di bruteforce  provano automaticamente  a inserire tutti i termini contenuti in dizionari o generati da combinazioni di lettere. E' possibile stabilire una lunghezza minima e una massima dei termini da utilizzare per l'attacco, questo per ridurre il numero di tentativi che il tool dovrà effettuare. I sistemi di login ben progettati, infatti, consentono di effettuare solo un numero limitato di errori (potenziali tentativi di attacco), dopo i quali l'accesso viene sospeso per un certo periodo di tempo.
Nel caso della domanda segreta, ovviamente, è possibile ridurre il dizionario a un sottoinsieme di termini (es. le città italiane) tra cui Roma, data la brevità del nome, sarebbe probabilmente tra i primi tentativi... inoltre si potrebbe tenere in conto anche il criterio di popolosità.
Quindi se la scelta adottata da Microsoft, a livello di sicurezza, può risultare condivisibile genera d'altra parte un probelma a livelllo di usabilità. L'utente non è in grado di completare l'operazione trovandosi costretto a scegliere un'altra domanda segreta (nel caso migliore) o addirittura aggiungere caratteri (magari la provincia) al nome della città (caso peggiore) rendendo difficile il ricordo della combinazione quando, mesi o anni dopo, ci sarà necessità di reimpostare la password.
Questo ad eventuale conferma che l'usabilità è sempre un compromesso :D

martedì 9 novembre 2010

Televisione: a world of h(app)yness?

L'evoluzione degli utenti televisivi, o meglio delle nuove generazioni di utenti televisivi, è ormai un dato di fatto. Da couch potatoes, abbiamo imparato ad essere delle surfin' potatoes, muovendoci dalla poltrona e dalle ristrettezze del telecomando verso la più scomoda sedia della scrivania per imparare a trovare un po' quello che ci pareva in Rete. Eravamo un po' come piccoli carbonari quando di nascosto guardavamo film o serie tv sullo schermo del pc in streaming, sgranati quanto basta perchè il video "non andasse a scatti". Però siamo cresciuti, la banda si è fatta più larga (anche se poi non è che sia ingrassata così tanto!), la definizione più alta e le nostre schiene ci hanno invitato a ritrovare confortevoli posizioni da divano. E allora eccoci lì a combattere tra cavi e connettori e controller per far innamorare i nostri notebook con i nostri nuovi televisori flat screen. E ci sentivamo anche un po' geek, un po' fighi a dire: ma che me ne faccio dell'apple TV o dei media center...io collego il mio computer e ho tutto quello che mi pare.

Ma la televisione è un consumo così trasversale che era improbabile che questa possibilità fosse lasciata solo a un manipolo di smanettoni.
Ed eccoci alla Connected TV. Schiere di televisori, console, lettori blu ray che si agganciano alla rete wi-fi di casa che diventa in un batter d'occhio una connected home: sul nostro bel televisore fiammante arrivano contenuti sia da chi ce li porta da 60 anni, sia da quella miriade di attori della rete che si mettono il vestito buono per la prima tv.
Ma come li facciamo arrivare questi contenuti? "In un'app". Eh sì, viziati ormai dai lucidi bottoni che siamo abituati a toccare sui nostri smartphone, il concetto di app sbarca sul televisore. E allora tocca provarle queste app televisive. Così ho preso un lettore blu-ray della Samsung (il BD C-5300) che prometteva di portare "the best of web on your TV" con il sistema proprietario Internet@TV.

Questa é l'immagine del lancio pubblicitario.



E non c'è molto di più. Anzi, c'è molto di meno sul mio "tester". Facebook non funziona, twitter neanche. Funziona l'applicazione di Youtube che ho usato con buoni risultati, ma ovviamente non si trova tutto quello che c'è sul web, probabilmente per problemi di qualità dei video inadatti al grande schermo. all'interno dell'interfaccia ci si muove con i tasti direzionali del telecomando e si seleziona con il tasto OK: fluido e intuitivo fin qui. Ma compilare il campo della ricerca testuale è un altro discorso. Il metodo è quello del tastierino alfanumerico, ma la risposta dei tasti non è così immediata e si fa fatica ad inserire più di una parola, anche se è presente un sistema di ricerca assistita che fa comparire le chiavi di ricerca più probabili man mano che si inseriscono le lettere. Ma c'è poco altro. Passare da un video all'altro è comunque faticoso, sono pochi i suggerimenti per i video ulteriori che possono interessare l'utente e l'esperienza non si può definire propriamente gratificante. Voto 6 meno meno, di incoraggiamento.
Francamente inutili i widget (così li chiamano) di accuweather (siamo pieni zeppi di previsioni del tempo dallo smartphone agli schermi della metro), di history channel (che ti "regala" la descrizione di un evento storico accaduto nel giorno del calendario in cui lo si consulta) e di Rovi (una EPG veramente scarna sui programmi televisivi).

Insomma stenta la forma, ma manca soprattutto la "ciccia", ovvero i contenuti. Che non sono nè twitter nè facebook secondo me, perchè quelli sono contenuti che assorbono tempo e mi privano dell'esperienza che rimane primaria nell'uso della televisione: guardare audiovisivi, meglio se di alta qualità. Al massimo ci concederemo il lusso, attraverso i nostri smartphone sincronizzati con quello che vediamo in tv, di far sapere sui nostri profili social in real time che quel film, quel programma, quella scena "ci piace". O forse lo potremo fare con un tasto del telecomando. Oppure ci farà piacere, mentre stancamente ci facciamo trascinare in un canonico zapping, vedere in una poco invasiva striscia in sovraimpressione cosa ci suggeriscono i nostri amici per la serata con qualche hashtag.
Dunque le app possono essere la risposta giusta per il problema delle interfacce di ingresso ai nuovi contenuti che vengono dalla rete, ma i contenuti ci devono essere e devono essere pensati per un consumo "televisivo".
Ci sembrano dunque più opportune le declinazioni multipiattaforma di Netflix e Vudu negli stati Uniti che offrono film e serie tv in alta definizione in modalità On Demand (in download e streaming) attraverso widget installati in console, lettori e tv ip-enabled. A maggior ragione ci sembra opportuno quello che sta facendo google con la sua Google TV che ha lanciato sia "embeddata" in una serie di TV Sony (http://www.google.com/tv/) sia in un set top box della logitech (http://www.logitech.com/en-us/smartTV/revue). Il concetto della Google TV è molto più ampio e, ovviamente, incentrato sulla possibilità di cercare dal televisore tutto quello che è possibile trovare sul web. Basata su OS android, con un interfaccia molto simile al browswer chrome, Google TV sembra voler affermare con decisione quella nuova concezione di surfin potatos di cui parlavamo all'inizio. E non lo nasconde il CEO di Google presentando G-TV a Berlino i primi giorni di settembre: “once you have Google TV you’re not going to be passive, you’re going to be very, very busy. It’s going to ruin your evening. That’s our strategy”. Anche Boxee a dir la verità si è fatta il suo Box insieme a DLink (http://www.dlink.com/boxee/), ma conserva un'ottica più da mediacenter che non da tv ip-enabled.

Ma qui l'esperienza d'uso incontra un'altra sfida: quella dei telecomandi o forse è più opportuno chiamarli controller, visto che ormai con il vecchio format del telecomando hanno ben poco. Infatti se porto il web, o meglio i concetti di ricerca e scoperta, a cui il web ci ha educato, sulla TV mi devi dare gli strumenti per cercare e questo significa scrivere, ovvero digitare sugli pseudo telecomandi molto più di quanto ci eravamo disabituati a fare (quanti di noi usano i tasti di avanzamento piuttosto che i cari vecchi numeri per cambiare canale?). Sui controller possiamo solo basarci su impressioni fotografiche, perchè di usarli ancora non se ne parla, visto che è tutta roba "ammericana" ancora. Ma noi, avanguardie della user experience, cominciamo a elucubrare anche dagli scatti. Eccoli allora, in successione, i controller della Google TV di Sony, di Logitech Revue e del Boxee Box.




Tornati a casa la domanda non sarà più "cosa c'è in TV stasera", ma piuttosto "cosa trovo da vedere sul mio schermo del salotto".

venerdì 22 ottobre 2010

Adobe Flash Catalyst

Dopo aver provato diversi software per wireframing e mockup (Balsamiq il più interessante, ed anche Made in Italy) sono tornato all'utilizzo di Phothoshop e Illustrator per avere maggiore flessibilità e controllo, rinunciando alla rapidità offerta dagli altri programmi.
Recentemente ho installato l'Adobe Creavte Suite 5 Master, ed ho scoperto Adobe Flash Catalyst; Flash Catalyst si propone come "Interacion Design software" e dovrebbe permettere di "trasformate la grafica di Photoshop, Illustrator e Fireworks in progetti creativi totalmente interattivi senza scrivere codice..."; consentendno quindi di creare rapidamente mockup interattivi, utilizzando le immagini prodotte con gli altri strumenti di casa Adobe.
Ho quindi deciso di provarlo, sto ora leggendo la guida ufficiale “Classroom in a book” di Adobe, nei prossimi giorni spero di riuscire a postare le mie prime impressioni..

martedì 19 ottobre 2010

Primo post

DiceFacile... perchè spesso le cose non sono così semplici come sembrano...
In questo blog vogliamo condividere le nostre esperienze sul design, l’usabilità e l’interazione uomo-macchina, per approfondire le problematiche della progettazione e scoprire le diverse soluzioni.e non sono così semplici come sembrano...
In questo blog vogliamo condividere le nostre esperienze sul design, l’usabilità e l’interazione uomo-macchina, per approfondire le problematiche della progettazione e scoprire le diverse soluzioni.